06/02/2007
Carte in regola delle rinnovabili per il futuro energetico
Pubblichiamo integralmente l'articolo apparso su Ilsoleatrecentosessantagradi (newsletter di ISES ITALIA), n.1 – gennaio 2007 scritto da Ing. Paolo Rocco Viscontini e Leonardo Berlen.
Buona lettura.
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Sul Corriere della Sera dell’11 gennaio scorso un articolo riportava il seguente pensiero del Prof. Rubbia: “Tra le alternative praticabili c’è da considerare soltanto il solare termodinamico […]. Lasciamo perdere l’eolico e il fotovoltaico che resteranno sempre marginali".
Contrariamente a quanto affermato dal nostro premio Nobel, riteniamo che oggi sia invece fondamentale sostenere tutte le fonti energetiche rinnovabili, evitando di screditarne alcune per farne emergere altre.
Continuiamo a registrare da più parti (giornali, politica, istituzioni) posizioni (lobbystiche?) intente a marginalizzare il ruolo delle rinnovabili. In Italia e nel mondo le energie pulite e un nuovo sistema energetico più sostenibile si trovano oggi in una sorta di guado; per uscire da questa inerzia non è più il tempo di usare il fioretto, ma servono posizioni forti e scelte drastiche. Soprattutto alla luce del drammatico messaggio contenuto nel 4° rapporto dell’IPPC (“i cambiamenti climatici sono in accelerazione e si rischia di entrare in un punto di non ritorno”), non possiamo pensare ad un futuro energetico basato su carbone, su altre fonti fossili (o anche alla velleitaria sequestration della CO2) e sul nucleare, l’ultima spiaggia per i detrattori delle rinnovabili.
Su “Il Giornale” del 19 gennaio un articolo di Franco Battaglia, mentre riportava numeri errati sui costi del fotovoltaico (FV), sosteneva invece a spada tratta un ritorno del nucleare. Tralascia però cose di non poco conto: la maggioranza dei paesi industrializzati che attualmente dispongono di centrali nucleari ha deciso di non costruirne di nuove; non considera che l’uranio è una risorsa esauribile con un prezzo in fortissimo rialzo: dal 2001 è decuplicato a causa di un’offerta limitata, forse per il raggiungimento di una sorta di “picco dell’uranio”; non considera che le risorse estraibili a costi sostenibili sono sufficienti ad alimentare solo per altri 40-50 anni la potenza attualmente installata. Chi sostiene il nucleare non dice poi nulla sui tempi di costruzione (oltre 12 anni) e sulla sua accettabilità sociale, spesso non afferma il vero sui reali costi di costruzione, di gestione e di smantellamento (e c’è anche il problema scorie), risorse economiche che potrebbero essere coperte solo con ingenti interventi statali. Inoltre, nucleare e fonti fossili sono inscindibili da instabilità geopolitica e da guerre.
Per parlare dell’Italia, va ricordato che la precarietà della nostra situazione energetica – bolletta energetica nazionale sempre più elevata, crescente dipendenza dall’estero, obblighi di Kyoto che si allontanano - impone ormai scelte perentorie che sostengano tutte le tecnologie solari e le altre rinnovabili (in particolare, eolico e bioenergia), unitamente all’efficienza energetica negli usi finali. Anche le strategie intese come transitorie, nell’attesa – come ripetono alcuni - che le energie pulite siano finalmente pronte, possono essere nefaste perché mettono in cantiere pesanti infrastrutture tipiche del vecchio sistema energetico centralizzato, ritardando il passaggio alla generazione distribuita e decurtando denaro privato e pubblico alle rinnovabili.
Solo per rimanere nel campo della produzione di elettricità, FV ed eolico sono invece tecnologie già pronte e possono (anzi, devono) ricoprire quote crescenti negli scenari energetici dei prossimi decenni.Il fotovoltaico ha le carte in regola per dare un contributo significativo nel medio-lungo periodo al bilancio energetico italiano. L’accusa di scarso peso del FV è smentita dalla sua crescita a livello internazionale (40% all’anno negli ultimi 5) e, ad esempio, dal fatto che gli impianti FV in Baviera, realizzati in soli due anni (circa 900 MW), coprono già l’1% del fabbisogno del Lander. Non esiste nessuna tecnologia altrettanto rapida nel raggiungimento di simili obiettivi, tra l’altro senza creare problemi di accettazione da parte delle comunità locali.
Oggi in Italia sono installati circa 50 MWp FV, c’è quindi tantissimo da fare, ma con scelte adeguate si potranno ottenere in pochi anni risultati sorprendenti. Non è assurdo porsi l’obiettivo di coprire con il FV il 20% del fabbisogno di elettricità in 20-30 anni, un tempo accettabile a livello energetico (le centrali termoelettriche sono il risultato di oltre 100 anni di ricerche e di enormi investimenti).
Se sorgono dubbi sugli spazi e sui costi, possono essere utili queste informazioni. Dato il fabbisogno italiano di elettricità del 2005 pari a circa 350.000.000 MWh, potremmo produrre con 46.600 MWp FV quell’ammontare di elettricità, pari a 70.000.000 MWh, che rappresenta appunto il 20% (o anche una percentuale maggiore se si metteranno in atto misure di risparmio ed efficienza). Il territorio necessario può essere di circa 1000 km2 (equivalente a un quadrato di 32,4 km di lato) con moduli installati su terreni oppure di circa 350 km2 (un quadrato di 18,7 km di lato) con moduli installati su tetti. Se tali numeri sembrano enormi, ricordiamo che centrali termoelettriche e raffinerie occupano superfici di diversi km2 (la sola raffineria di Sannazzaro de’ Burgundi occupa un’area di circa 700 ha, equivalente a un quadrato di 2,6 km di lato). Il FV presenta comunque il vantaggio di poter essere installato praticamente ovunque, non richiedendo necessariamente la realizzazione di grandi centrali: già solo le superfici utili dei tetti delle case e dei capannoni industriali italiani potrebbero ampiamente soddisfare i nostri obiettivi.
I costi. Il meccanismo di incentivazione del conto energia ha un costo ridotto per la collettività, se si considera il fatto che esso permette lo sviluppo di un settore industriale high-tech (con creazione di posti di lavoro qualificati) e nuove entrate per l’erario che vanno a compensare i costi coperti in bolletta. Il conto energia attualmente in vigore (in via di revisione, speriamo in meglio), per ogni 1.000 MWp di impianti FV porta a un esborso annuo di circa 585 milioni di €, con 6 miliardi di € di fatturato e conseguenti entrate per il fisco per circa 400 milioni di €; questi, spalmati sui 20 anni di durata della tariffa, riducono di 20 milioni di € il costo dell’incentivazione a carico della collettività.
Se avessimo usato il denaro elargito per 14 anni alle “fonti assimilate” (circa 3 mld di €/anno), si sarebbe potuta incentivare l’energia prodotta annualmente da 6.000 MWp FV, coprendo il 2,5% del fabbisogno elettrico. In realtà i costi per la collettività saranno in diminuzione: la continua riduzione dei prezzi del FV (già 30% in 4 anni) renderà nel futuro sempre più superflui gli incentivi.Questo è un pezzo importante del più grande “puzzle” chiamato sistema energetico. Va costruito da subito, senza timori, e deve entrare nelle priorità e nella visione di ogni governo. Paolo Rocco Viscontini (Enerpoint)e Leonardo Berlen
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