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04/10/2013

Intermittenza rinnovabili: stereotipi e dati reali

Da sempre le rinnovabili, eolico e fotovoltaico soprattutto, sono state attaccate da più parti a causa della loro caratteristica di intermittenza, aspetto accusato di avere effetti negativi sulla produzione energetica di centrali termiche, a gas e a carbone, costrette a continui sbalzi di potenza per coprire i disequilibri causati dalle rinnovabili alla rete elettrica.

Questi sbalzi di produzione sono tecnicamente chiamati cycling e, secondo quanto sostengono i detrattori delle rinnovabili, sarebbero la causa della ridotta efficienza delle centrali, degli aumenti di emissioni nocive e della rapida usura dei macchinari. L’aumento del cycling causato dalla maggiore diffusione di impianti a pannelli solari fotovoltaici e pale eoliche diminuirebbe in modo sensibile i vantaggi ambientali delle fonti alternative e aumenterebbe i costi dell’elettricità, soprattutto attraverso la voce “oneri di dispacciamento” che include i costi necessari a mantenere in equilibrio il sistema elettrico nazionale.

Come evidenzia Qualenergia.it in un recente articolo, “finora nessuno ha mai prodotto una stima seria del danno economico e ambientale di questo effetto indotto dalle rinnovabili. L’unico indizio che questo costo forse non è poi così rilevante viene da chi il dispacciamento lo gestisce sul campo, Terna: in una recente intervista a QualEnergia.it un suo dirigente ha ricordato come in realtà il costo vero e proprio del dispacciamento in Italia sia diminuito nel periodo di espansione delle nuove rinnovabili.”

Il National Renewable Energy Laboratory (NREL) del Dipartimento dell’Energia Americano, nel mese di settembre 2013, ha condotto uno studio che, attraverso la formulazione di 5 diversi scenari possibili, dimostra il reale impatto dell’intermittenza di fotovoltaico ed eolico sulla rete elettrica. Vediamo meglio di cosa si tratta.

La ricerca "The Western Wind and Solar Integration Study, Phase 2" (aggiornamento di una precedente ricerca realizzata nel 2010) simula il funzionamento della rete elettrica degli Stati Uniti occidentali del 2020, immaginando 5 diversi scenari:

1. 0% elettricità proveniente da vento e sole (scenario di confronto)
2. 13% con prevalenza di eolico (scenario definibile “Italia” in quanto rappresenta l’attuale produzione di energia prodotta nel nostro Paese da fotovoltaico in primis ed eolico)
3. 33% con prevalenza di energia eolica
4. 33% con prevalenza di energia solare
5. 33% con apporto equivalente dalle due fonti.

La potenza termica sostituita dalle rinnovabili nella simulazione era composta per i 3/4 da gas e per 1/4 da carbone. Anche questa percentuale rispecchia in modo abbastanza corretto la situazione italiana.

Come si è svolta la ricerca? Ce lo spiega Qualenergia.it.

I ricercatori hanno fatto funzionare la loro rete virtuale per un anno, verificando quanto l’aumento del cycling dovuto all’intermittenza di sole e vento (rispetto allo scenario 1), comportasse in termini di costi, consumi ed emissioni.

I risultati sono stati decisamente sorprendenti, anche negli scenari di massima penetrazione di solare ed eolico: le emissioni di CO2 ulteriori, e quindi i maggiori consumi dovuti alla minore efficienza, sono cresciute in modo irrilevante, con uno +0,2% da confrontare con la riduzione del 30% delle emissioni consentita dalle rinnovabili. Le emissioni di anidride solforosa sono cresciute di 2000 tonnellate, per il funzionamento meno ottimale delle centrali a carbone, abbondantemente compensate, però, da una riduzione di 60.000 tonnellate dovuta alla loro sostituzione con solare ed eolico, mentre le emissioni di NOx sono addirittura diminuite con l’aumento del cycling, perché queste si formano soprattutto quando le centrali vanno alla massima potenza.

Ma forse il dato più sorprendente è quello dell’aumento dei costi dovuto a maggior usura e manutenzione: fra 35 e 157 milioni di dollari l’anno a secondo degli scenari e della valutazione dei costi, un +2-5% sui costi operativi delle centrali. Valore ampiamente compensato in un ottica di sistema energetico generale: la presenza delle rinnovabili nelle ipotesi dello studio ha portato infatti a un risparmio fino a 7 miliardi di dollari annui in combustibili fossili, circa 30 dollari per ogni MWh prodotto da sole e vento.

Nello scenario da noi battezzato “Italia 2013”, con rinnovabili al 13%, i costi maggiori per le centrali sarebbero intorno ai 70 milioni di dollari annui, con un risparmio in acquisto di combustibili fossili di 2 miliardi di dollari. Gli autori stimano che il maggior costo dovuto al cycling sarebbe compensato - a seconda degli scenari - con un aumento del costo dell’elettricità fra 0,47 e 1,28 $/MWh. Nello scenario “Italia 2013”, il sovraprezzo portato dall’incremento del cycling è stimato al massimo in circa 0,30 €/MWh. Anche considerando il maggior costo nostrano del gas, che fa aumentare il costo complessivo, e le differenze nella formazione del prezzo in Europa e USA, siamo comunque su cifre che sono una inezia di fronte a un prezzo in Borsa Elettrica italiana che si aggira oggi sui 60 euro/MWh.”


Perché l’effetto intermittenza è così modesto?

Principalmente perché il cycling deve comunque essere applicato dalle centrali termiche per seguire la domanda energetica; secondariamente perché ciò che fa aumentare maggiormente i costi del cycling è la fase di spegnimento e riavvio delle centrali (soprattutto quelle a turbogas) e non la crescita o decrescita della produzione, e l’ipotesi dello spegnimento e successivo riavvio è rara, soprattutto quando a prevalere è l’energia prodotta dal vento.

Altro aspetto sottolineato dai ricercatori americani è relativo alla prevedibilità della produzione di energia da rinnovabili, infatti anche se è vero che il solare costringe a un cycling aggiuntivo quotidiano è facilmente prevedibile, quindi la produzione da fonti tradizionali può essere programmata in maniera efficiente.

Meno semplice la previsione dell’andamento di energia eolica, ma anche per questo tipo di fonte si è giunti ormai a una prevedibilità del vento con 4 ore di anticipo, tempo sufficiente per programmare la produzione di energia tradizionale.